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Giochi da femmine e giochi da maschi: la Spagna dice STOP agli stereotipi di genere

13/12/2022

Eccoci arrivati Mums al tanto adorato periodo Natalizio, alla ricerca del regalo perfetto per i nostri bambini, quello scritto con tanto amore nella letterina a Babbo Natale, quello che più soddisfa i loro desideri e quello capace di far sbocciare i loro talenti. Ma se diamo un’occhiata agli shop sul web, o sfogliamo quei cataloghi pubblicitari dei negozi di giocattoli, capita anche a voi di imbattervi nella netta (e triste) classificazione tra giochi da femmine e giochi da maschi?

Avrete sicuramente notato nei vari caroselli in televisione che i giochi da maschietti sono catalogati con il colore blu e sono per lo più mezzi di trasporto, giochi tecnologici, piste di macchinine, personaggi dei cartoni animati con armi, spade, fucili. I giochi dedicati alle femminucce invece assumono una predominanza rosa, con bambole, oggetti per la cura della casa e della persona, trucchi, vestiti da principesse, unicorni, glitter. Addirittura in alcuni siti web c’è la possibilità di selezionare, attraverso appositi menu a tendina, i “giochi da maschio” e “i giochi da femmina”, da acquistare a proprio piacimento.

 

Ma quanto questo influisce sui bambini e sulla loro visione del mondo quando poi diventeranno adulti? La Spagna per prima si è posta il problema, ed è stata anche la prima a dire basta alle pubblicità dei giocattoli che esplicitamente o implicitamente evidenziano la corrispondenza tra un giocattolo e un determinato sesso, puntando così a combattere le discriminazioni e gli stereotipi di genere sin dall’infanzia.  

 

 

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La Spagna dice basta agli spot discriminatori

A volere fortemente il provvedimento è stato il ministro spagnolo delle Imprese, Alberto Garzón, che con l’applicazione della nuova normativa punta a una regolamentazione “non sessista”, affinché ” i bambini, soprattutto quelli nella fascia 0-7 anni, non crescano riproducendo i ruoli imposti dalla società”. Le pubblicità dei nuovi prodotti dovranno quindi evitare di associare le bambine a tutte le attività collegate al lavoro domestico e alla cura della propria immagine; i ragazzi invece non dovranno essere necessariamente associati all’azione, all’attività fisica, alla tecnologia. Un nuovo codice etico di autoregolamentazione quindi, volto a dissuadere i produttori di giocattoli dall’usare stereotipi di genere e promuovere invece un’immagine egualitaria e inclusiva tra i bambini.

 

ll blu è per i maschi, il rosa è per le femmine

Non so voi, ma io da piccola giocavo con i soldatini, quelli piccolini, che se per caso ci andavi sopra con i piedi ti facevi male. Mi piaceva giocare con le piste delle macchinine telecomandate, insieme ai miei fratelli maschi, ma avevo anche la cucina della Barbie, con cui mi divertivo insieme a loro. Ci piaceva preparare insieme succulente pietanze invisibili e che poi consumavamo con finta voracità su un pavimento apparecchiato a festa.

Lo stesso concetto vale per il colore dei vestiti: perché deridere un bambino se vuole indossare una maglietta rosa? Perché una bambina deve essere catalogata come “maschiaccio” se preferisce i pantaloni alle gonne? Davvero vogliamo che i nostri figli crescano in un mondo in cui gli stereotipi di genere classificano l’essere maschio o femmina, e di conseguenza il proprio ruolo all’interno della società? Perché una bambina deve giocare con le bambole e vestirsi di rosa, mentre se un bambino desidera una bambola come regalo deve essere subito ammonito con la frase: no è un gioco da femmina!

 

 

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Il rosa non è nato “donna”, lo è diventato

Ma poi, lo sapete che il rosa non è nato donna, lo è diventato nel corso dei secoli? Oggi il rosa viene descritto come un colore delicato, femminile. Nell’ Ottocento il rosa, essendo più vicino al rosso, era espressione di forza, virilità e doti militari, mentre il blu era associato al velo con cui veniva raffigurata tradizionalmente la Madonna e per questo era ritenuto più appropriato alle donne. E poi cosa è successo? Agli inizi del Novecento gli uomini iniziano ad indossare colori più scuri e legati al mondo degli affari, distinguendosi così dalle tonalità chiare percepite più femminili e associate alla sfera domestica.

Quando è la società a imporre la percezione della realtà, a stabilire quali sono le regole ideologiche da seguire e definire in modo totalizzante le norme riguardo al genere, risulta poi difficile modificare la presa di coscienza del mondo che ci circonda. Ed è per questo che noi genitori dobbiamo provare a invertire la rotta, per scardinare tutte quelle stupide generalizzazioni che come in un passato non poi così lontano ci hanno inculcato l’idea che è giusto, è normale delineare nette differenze tra uomini e donne, limitando così la libertà di espressione di ogni individuo e facendoci, inevitabilmente, ripiombare nel triste stereotipo: la donna cura la casa, l’uomo esce a lavorare.

E voi Mums, siete pronte a questo cambiamento?

 

 

Martina Carzaniga

vive a Milano con il marito e i due figli, Gabriele e Davide. E’ laureata in lingue per la comunicazione e la cooperazione internazionale e dopo aver lavorato per nove anni come project manager in una multinazionale ha deciso di dare una svolta alla sua carriera ed iniziare la propria attività di distribuzione in Italia di ECO BOOM, un brand ecosostenibile e certificato di prodotti in bambù per mamme e bambini. Scrive regolarmente sul suo blog “Racconti in culla”, e Come una mongolfieraè il suo primo romanzo.

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