Desiderio di fare figli ai tempi del Coronaviurs. Dall’Università di Firenze è stato condotto uno studio per capire, se dopo la crisi, ci si deve aspettare un incremento delle nascite.
Superata da poco la Seconda Guerra Mondiale, in Europa e in NordAmerica ci fu un forte incremento di nascite. Quel periodo, dal ’45 agli inizi degli anni 60, viene ricordato con un termine specifico: baby-boom. La fine della guerra, di un lungo periodo di privazioni e sofferenze, aveva portato ad un decisivo incremento demografico e di conseguenza anche economico. Insomma, si facevano tanti figli, si mettevano al mondo nuove vite, simbolo di rinascita nel dopo-guerra.
Gli esperti, allora, si sono chiesti: che ci sia un baby-boom anche nel post-pandemia? La risposta è no, o almeno non nell’immediato: troppa l’incertezza, sia economica che emotiva.
Questo il titolo della ricerca pubblicata sul Journal of Psychosomatic Obstetrics and Gynecology e condotta da un gruppo dell’Università di Firenze durante la terza settimana di lockdown su un campione di 1.482 italiani fra 18 e 46 anni impegnati in una relazione stabile dalla quale è emerso che “il 37, 7% di chi programmava un figlio prima della pandemia ora ha rinunciato”.
“Non ci aspettiamo un baby boom, almeno nell’immediato”, sintetizza Gianmartin Cito, urologo dell’università di Firenze, che con Elisabetta Micelli è coordinatore del primo studio al mondo sul rapporto fra pandemia e riproduzione.
La decisione di non avere figli nasce da due cause ben meditate e spesso concomitanti: le preoccupazioni economiche (citate dal 58% degli intervistati) e il timore di portare avanti una gravidanza in tempi di epidemia (sempre per il 58%), con gli effetti sulla salute di mamma e bambino non del tutto chiari nemmeno alla scienza.
In molti si sono commossi quando, sui social, giravano foto di neonati a cui le ostetriche avevano fatto indossare un pannolino con sopra disegnato un arcobaleno con la scritta “andrà tutto bene”. Frase simbolo di questa pandemia. L’immagine di quei bebè ci hanno ricordato che, nonostante tutto, la vita è sempre stata più forte.
Eppure, molte coppie che avevano in programma di allargare la famiglia, hanno deciso di rinunciare. I risultati, pubblicati sul Journal of Psychosomatic Obstetrics and Gynecology, hanno evidenziato come ben 4 persone su 5 (ossia l’82% del campione) non hanno intenzione di mettere al mondo un figlio in un periodo così pieno di incertezze. E infatti, per Cito, “quella che stiamo vivendo è una crisi economica ed emotiva insieme”.
“L’impatto della quarantena sulla percezione degli individui della loro stabilità e serenità è allarmante. Nel nostro campione la maggioranza dei partecipanti riferiva un benessere mentale significativamente più alto prima della pandemia, mentre i punteggi su questo fronte sono notevolmente diminuiti nel periodo del Covid-19. Il nostro scopo era valutare se le preoccupazioni relative alla pandemia avessero influenzato il desiderio di divenire genitori di coppie che stavano già pianificando una gravidanza, o se al contrario la quarantena avesse aumentato il desiderio di concepire”, espone Elisabetta Micelli
Ma se in molti hanno rinunciato all’idea, almeno per il momento, di fare un figlio, c’è anche chi durante la quarantena ha pensato per la prima volta ad un bambino: l’11,5% degli intervistati, infatti, ha scoperto un desiderio di genitorialità durante la quarantena, legato alla volontà di cambiamento o alla necessità di qualcosa di positivo. Solo il 4,3% di loro, però, ha effettivamente cercato la gravidanza.
Fonte di riferimento: Journal of Psychosomatic Obstetrics & Gynecology
Melissa Ceccon
Mamma di due, moglie di uno, giornalista e autrice del blog Mamma Che Ansia
Vive e lavora nella verdeggiante Brianza, sempre pronta a scrivere e raccontare le storie più interessanti per le mums.
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