Basta dare la colpa al carattere “difficile” o semplicemente dire che è un capriccio bello e buono. Se un bambino manifesta un sentimento negativo come la rabbia, c’è sempre un motivo. Andare oltre non è facile, soprattutto tra urla e pianti, ma ora c’è una guida che ci ha aiuta, e l’ha scritta una psicologa e piscoterapeuta dell’età evolutiva
“Andiamo, è quasi ora di cena e dobbiamo tornare a casa”, dice la mamma al figlioletto intento a saltare da un gioco all’altro in un parchetto pubblico. Ma il bimbo, che si sta divertendo un mondo, di tornare a casa non ne ha proprio voglia. La mamma insiste, e il bambino resiste. La mamma comincia a perdere la pazienza perché con il corpo è lì ma con la testa è già a casa: i vestiti lavati ma ancora chiusi nella lavatrice, il sugo da preparare, la doccia che ancora non si è fatta. “Basta, ho detto che dobbiamo andare!”, sentenzia alzando di un tono la voce. E il bambino si arrabbia: con un calcio alza la ghiaia o magari si butta a terra e comincia piangere e urlare, oppure ignora di nuovo la mamma e magari spintona il bimbo davanti a sè sulla scaletta dello scivolo. Inizia così una lotta di potere tra mamma e figlio: chi è più arrabbiato? Chi la vincerà?
Abbiamo cercato di rappresentare una situazione comune che sicuramente, qualche volta, sarà capitato di vivere anche a voi. O magari vi è successo qualcosa di simile al supermercato o ad una festa di compleanno, al ristorante o anche a casa, magari semplicemente perché avete cambiato canale in tv. I bambini si arrabbiano, capita. Ma i genitori come si devono comportare quando i propri figli hanno scoppi d’ira come questi? Devono dettare legge? Lasciar correre e farli sfogare? Dargliela vinta così la smettono e si evitando “figuracce” davanti agli estranei? O devono provare a scavare più a fondo perché magari il problema è un altro?
Quando una mamma e un papà si trovano a fronteggiare un bambino arrabbiato o ad ascoltare le maestre che raccontano l’ennesimo episodio d’ira fatto in classe dal loro figlioletto (che a casa invece è un angioletto), non sanno mai come reagire. Finalmente, è arrivata nelle librerie la prima guida completa per genitori che non vogliono soccombere alla rabbia dei propri figli.
“Stiamo Calmi!” è il libro scritto da Marina Zanotta, piscologa e piscoterapeuta dell’età evolutiva di Monza, che vuole essere una proposta di viaggio; per capire che con la rabbia si può fare pace e si può tornare a considerarla un’amica di famiglia.
Noi lo abbiamo letto e abbiamo anche scambiato quattro chiacchere con l’autrice.
Perché i genitori di oggi fanno fatica ad accettare la rabbia nei propri figli? Siamo una generazione di genitori troppo buoni?
No, non siamo genitori troppo buoni (mi ci infilo anche io in qualità di madre di due bambini), siamo adulti preoccupati dall’idea che i nostri figli possano non essere felici h24 e per questo ci dimentichiamo che dar loro “tutto ciò che serve” per crescere non significa dar loro “tutto ciò che vogliono”, sia sul piano materiale sia sul piano emotivo o relazionale. Incontrare qualcosa che non ci fa stare totalmente a nostro agio, come le frustrazioni, le “emozioni negative” o qualche ostacolo sul cammino è fondamentale per imparare a conoscerci e a scoprire i nostri punti di forza e i nostri limiti per poter affrontare le difficoltà.
Una frase che si ripete spesso tra le pagine del libro è che, la rabbia, non deve essere vista solo come una emozione negativa, un nemico da combattere o da cui bisogna tenersi alla larga. Cos’è quindi la rabbia e come ci dobbiamo porre di fronte a questo sentimento?
La rabbia è un’emozione e le emozioni non hanno fazione, ma sono una risposta complessa a ciò che il mondo ci mette davanti. Nello specifico, la rabbia è l’emozione che ci spinge a non mollare la presa davanti a ciò che per noi è di vitale importanza, ci impone di pensare a come reagire per riappropriarci del diritto di far valere anche il nostro punto di vista e le nostre esigenze e che impone all’altro la necessità di prestare attenzione alle nostre richieste. Ovviamente le chiavi principali nel riuscire ad ottenere ciò che esigiamo stanno sia nel cosa stiamo chiedendo sia nel come ci esprimiamo! Dimostrare di essere arrabbiati non ci dona automaticamente il diritto di vedere esaudite le nostre richieste, bisogna imparare ad esprimersi in modo socialmente accettabile, ovvero senza essere aggressivi, accettare la necessità di un dialogo con l’altro e con le sue esigenze e imparare a tollerare anche la possibilità di un rifiuto.
Io ogni capitolo riporti tanti esempi pratici, storie vere di bimbi e famiglie con cui hai avuto a che fare durante il tuo lavoro: c’è un elemento comune? I bambini di oggi, secondo te, sono più arrabbiati? Hanno più motivo di arrabbiarsi? Hanno più possibilità di esprimersi mentre prima erano meno ascoltati, o viceversa?
L’elemento che accomuna la quasi totalità delle situazioni che racconto nel libro è la difficoltà nel far conciliare, almeno all’inizio, la legittimità dei bambini di provare ed esprimere rabbia con la possibilità che gli adulti si pongano in ascolto e intervengano là dove necessario. I bambini di oggi non sono più arrabbiati, sono meno ascoltati nella loro rabbia perché i genitori sono oltremodo affaticati dalle difficoltà della vita adulta (problematiche lavorative, mancanza di sostegno alle famiglie e alla genitorialità, bombardamenti mediatici legati a richieste o notizie false e contraddittorie sulle aspettative di efficienza e salute ecc.) e devono già gestire la loro dose di frustrazioni e rabbia. Con la testa già piena è difficile ricordarsi di trovare spazio anche per le esigenze di chi sta crescendo!
Leggendo le varie storie, emerge sempre una conclusione chiara: ogni reazione nasce da un problema irrisolto, molto spesso proprio all’interno del nucleo familiare. Cattive abitudini (parolacce dette in casa), situazioni complicate (una separazione in atto), traumi … qual è quindi la prima cosa che dovrebbe chiedersi un genitore difronte alla manifestazione di un comportamento rabbioso del proprio figlio?
La prima cosa che dovrebbe chiedersi un genitore davanti ad un’esplosione di rabbia è “cosa sta succedendo?” evidentemente non nella modalità di allerta, pronto a rialzare i toni e a ingaggiare una lotta all’ultimo sangue, ma nella possibilità di poter osservare e mettersi in ascolto del proprio bambino cercando, compatibilmente con età e capacità dei più piccoli, di avviare un dialogo sull’emozione. A volte la rabbia è la semplice espressione di una fatica, da parte dei più piccoli, nel comprendere avvenimenti o dinamiche che riguardano il mondo degli adulti; ad es. la separazione tra mamma e papà, il fatto che non si possa più fare la festa di compleanno promessa da mesi perché è comparso il Corona Virus e siamo tutti chiusi in casa, il fatto che mamma debba partire per un viaggio di lavoro e il bacio della buona notte potrà darcelo solo attraverso la webcam del cellulare. Sta a noi genitori aiutarli a trovare il giusto modo per raccontarci quello che stanno provando e che li sta mettendo in scacco. Oltre a questo agli adulti spetta il compito di porsi come modelli educativi nelle modalità di gestione ed espressione delle emozioni; come dico nel libro: è impensabile pretendere che i nostri figli non esplodano gridando e insultando chi hanno di fronte se noi siamo i primi ad attivare questo atteggiamento di espressione emotiva ogni volta che ci rubano il posto auto al supermercato!
Importante, in alcuni casi, anche il ruolo della scuola dove capita che, un bimbo magari con un atteggiamento che esprime rabbia, viene isolato o “etichettato”. In uno degli episodi che racconti, si parla proprio di un tuo incontro con una direttrice di una scuola: qual è l’atteggiamento giusto di un docente difronte ad uno studente, diciamo, più problematico rispetto agli altri?
L’atteggiamento più corretto sarebbe, anche in questo caso, l’ascolto! Chiaramente non è facile riuscire a trovare tempo per tutti, le classi sono spesso sovra-popolate e ogni bambino ha le sue peculiarità; ma quando è lampante che qualcosa non funziona, invece di etichettare e punire bisognerebbe cercare un confronto aperto con la famiglia, in modo da creare il più possibile una comunicazione efficace che aiuti i genitori a capire se c’è un reale bisogno di rivolgersi ad un professionista esterno o se sia sufficiente lavorare gomito a gomito con gli insegnanti e con il proprio figlio!
Figlio arrabbiato e reazione di mamma e papà: quali sono i 5 errori che un genitore spesso fa e quali sono le 5 soluzioni che tu consigli?
Gli errori più comuni sono: reagire alla rabbia con la rabbia (se tu urli io urlo più forte), scordarsi di ascoltare l’altro (giudico il comportamento e non interrogo cosa lo abbia scatenato), attivare risposte impulsive (punizioni, toni alti, svalutazioni, scontri verbali/fisici), cedere e far ottenere tutto quello che chiedono (fai quello che vuoi purché tu stia buono e non ti arrabbi), incaponirsi nel non voler far ottenere nulla, attivando punizioni privative e senza senso (se stiamo litigando sul fatto che tu vorresti poter tornare a casa alle 23 a 12 anni, io non solo ti vieto quello, ma ti tolgo anche il cellulare).
Eventuali soluzioni potrebbero essere: riconoscere di essere arrabbiati, cercare di controllarsi nella risposta e dichiarando (quando serve) necessità di prendersi del tempo per sbollire, invitare il bambino/a a spiegare meglio cosa lo stia facendo arrabbiare e perché; ragionare insieme su come poter risolvere la situazione, proponendo valide alternative e lavorando insieme per arrivare ad una soluzione, aiutare il bambino/a a rendersi conto di cosa scatena la sua reazione di rabbia e ad affrontare le conseguenze delle sue azioni (es. se per rabbia tira un calcio alla costruzione di Lego di mio fratello, aiutarlo a capire che prendere a calci oggetti li danneggia e crea un’ingiustizia nei confronti del proprietario e che è necessario, una volta recuperata la calma, porre rimedio scusandosi e ricostruendo la torre).
Qual è l’obiettivo di questo libro? Che messaggio vuoi dare?
“Stiamo Calmi!” Vuole raccontate l’importanza dell’emozione della rabbia all’interno del percorso di crescita dei nostri bambini, di come agisce nella relazione con i genitori, come cambia nel tempo e di come poterla considerare come un’alleata al benessere individuale e familiare e non come un’ospite sgradita.
Mamma di due, moglie di uno, giornalista e autrice del blog Mamma Che Ansia