Viaggiare non è semplicemente fare la valigia ed andare. Per me viaggiare vuol dire scoprire il mondo, conoscere nuovi mondi, culture ed usanze. Per me viaggiare vuol dire vivere.
Un paio di anni fa, nei giorni in cui stavamo organizzando il nostro viaggio a Cuba, abbiamo scoperto di aspettare Pietro. A Gennaio, a distanza di un anno, abbiamo ripreso in mano quel progetto, il nostro primo volo intercontinentale in 3. Ci siamo ritrovati in 5 intorno ad un tavolo ad abbozzare l’itinerario, due nostre amiche hanno infatti coraggiosamente deciso di far parte di questa nuova avventura.
Riuscire ad organizzare un viaggio quando hai un bambino di pochi mesi che ti assorbe tutte le energie non è semplice, soprattutto quando la tua destinazione è Cuba. Nonostante la liberalizzazione degli ultimi anni riservare online è ancora un’impresa non semplicissima. I classici portali quali Booking e Expedia non sono ancora attivi. Per prenotare è quindi necessario trovare le case particular e gli hotel su tripadvisor per poi contattarli tramite web, mail o Airbnb. A Cuba quasi nessuno ha la connessione internet in casa, nelle città sono disponibili degli hot spot tramite i quali ci si riesce a connettere comprando delle tessere prepagate. Le comunicazioni tra gli utenti non sono immediate come quelle a cui ormai siamo abituati.
A fine luglio, quindi pochi giorni prima della partenza, siamo finalmente riusciti a definire tutto!
L’idea di affrontare un volo di 11 ore con un bambino di 10 mesi mi preoccupava un pochino, ma il mio piccolo esploratore ha dimostrato che le mie ansie erano assolutamente infondate. Volare con lui è stato semplice e naturale. È diventato la mascotte del volo, ha intrattenuto gli altri viaggiatori giocando a nascondino tra i sedili prima di crollare privo di forze e dormire fino all’arrivo a destinazione. Abbiamo viaggiato con KLM che ci assegnato la culla, in cui però Pietro sarebbe forse riuscito ad entrare quando aveva 6 mesi. È stata comunque molto comoda per appoggiare il cibo e i suoi giochi, inoltre lo spazio aggiuntivo quando si viaggia in 2 su un solo sedile è una manna. I bambini fino ai 2 anni, infatti, volano gratis ma non hanno diritto al posto.
Una volta giunti ad Havana abbiamo trovato le nostre compagne di viaggio Ilaria e Stefania e, dopo esserci ricaricati una notte in una casa particular, siamo partiti alla scoperta di questa magnifica isola.
Per i trasferimenti ci siamo affidati a un’agenzia di noleggio auto con conducente. La sfida è stata trovare una vettura abbastanza grande e che avesse l’aria condizionata. Alle sospensioni non avevamo pensato, lo terremo presente per il prossimo tour! Abbiamo definito un itinerario di 3 settimane che potesse essere abbastanza completo ma soprattutto a misura di bimbo, anche se alla fine abbiamo patito più noi gli spostamenti. Le strade sono spesso sconnesse e si viaggia su un terreno pianeggiante, per noi a volte è stata una vera prova di forza, scendevamo dalla macchina con il volto verde. Pietro, invece, non ha mai dimostrato malessere, saliva a bordo ed iniziava a dormire. A Cuba le auto sono davvero pochissime, non esiste il traffico. Abbiamo incrociato probabilmente più cavalli e carrozze.
La nostra prima tappa è stata Playa Larga, un posto che abbiamo faticato a capire. Il primo pensiero è stato quello di darci alla fuga, fortunatamente il secondo giorno la nostra host ci ha dato le giuste indicazioni. Siamo così saliti su un bici taxi (una sorta di carretto trainato da un uomo in bici) che ci ha fatto scoprire un piccolo angolo sorprendente di una località che sembrava non avesse nulla da offrire. La giornata qui in spiaggia è stata forse quella in cui ci siamo più immersi nella vita cubana. Pietro ha fatto spola tra la spiaggia e la piscina, ha passato il tempo a giocare e a ballare con gli altri bambini cubani. A pranzo lui era l’unico ad avere fame, noi dovevamo ancora digerire una super colazione offerta dalla casa particular. Quando ho chiesto a un dipendente del ristorante dove potessi trovare del cibo per il bambino mi ha dato in mano un piatto vuoto e c mi hanno detto “ prendi dal buffet quello che vuoi per il bambino, è gratis”. Io, super in imbarazzo, ho preso giusto un pochino di riso ma loro hanno insistito perché aggiungessi pollo e verdure. Un gesto semplice che mi ha riempito il cuore. Per fortuna Pietro ha spazzolato tutto!
Di nuovo in viaggio abbiamo fatto una breve tappa a Cienfuegos, il caldo era davvero difficile da affrontare, ma valeva la pena curiosare velocemente tra le strade di questa città patrimonio dell’Unesco. La seconda tappa è stata Trinidad. Trinidad è forse la città che più mi è rimasta nel cuore. Le sue strade in pietra ci hanno fatto mettere via il passeggino per un paio di giorni, per la gioia di Pietro che ha gironzolato dentro il suo marsupio ergonomico ( il mai più senza di una mamma viaggiatrice). Le strade di pietra arrivano fino a una piazza con una scalinata dove c’è la casa della musica. Musica che risuona suona per le strade di quest’isola che sembra muoversi lentamente seguendo le note di una allegra melodia.
La tappa più attesa dopo queste giornate in giro ad esplorare queste piccole località è finalmente arrivata: Cayo Guillermo. Lo spostamento è stato il più impegnativo, tre ore di tragitto su una strada sconnessa e pianeggiante su un auto senza più ammortizzatori. Una volta giunti alla lingua di terra che collega l’isola ai cayo ci siamo dimenticati di tutto. Un’immagine magica. Si viaggia su una striscia di terra in mezzo al mare azzurro che si fonde con l’azzurro del cielo. Sospesi in questo blu ci sono gruppi di fenicotteri rosa. Un quadro spettacolare ed indimenticabile.
Cayo Guillermo è unica. In Thailandia e Malesia ho visto posti bellissimi, ma non così. Una lunga spiaggia, sabbia soffice come farina, mare caldo e silenzio interrotto solo dalle nostre risate e dalle prime parole di Pietro.
La settimana in questo paradiso è volata, ci siamo coccolati, abbiamo giocato, abbiamo ballato e siamo stati davvero bene. Ci siamo ricordati di come si vive in spiaggia senza connessione wifi e, pentendoci di non aver portato un bel mazzo di carte, abbiamo contribuito a fare l’enigmistica che Stefania aveva saggiamente messo in valigia (e senza aiuti di Google non è semplice eh?!). L’unico rimpianto è stato quello di non aver dedicato più tempo a questo luogo.
Al rientro ad Havana Ilaria e Stefania ci hanno salutato per rientrare in Italia, noi invece ci siamo fermati ancora qualche giorno per scoprire la caldissima Havana, rovente direi. Havana è una città strana, una città che sta risorgendo dalle sue macerie e che in alcuni angoli ti sorprende e ti fa innamorare. Una città ricca di suoni e calore, che ti fa sempre sentire al sicuro. Gironzolare per le sue strade però non è semplice, perché le temperature sono davvero impegnative. Va quindi fatto tutto lentamente e a piccole dosi.
Tre settimane sono volate. Il rientro in aereo è stato ancora più semplice dell’andata. Pietro, dopo aver mangiato un bel piatto di pasta che era fortunatamente incluso nel menù del volo, si è addormentato fino a destinazione.
Com’è viaggiare dall’altra parte con un bambino di nemmeno un anno? È un’esperienza bellissima che arricchisce tutti. Una delle prime parole di Pietro è stata “Hola”. La popolazione di Cuba ha reso questo viaggio semplice perché i bambini per loro hanno la priorità su tutto, hanno molto da insegnarci. Quando ti muovi con un bambino su quest’isola non esistono code, non esistono attese, l’attenzione è massima e sorrisi, attenzioni e coccole non mancano mai.
Una delle preoccupazioni più comuni per chi viaggia con i piccoli è il cibo. Io ho portato con me solo un pacco di biscotti, che alla fine ho mangiato io. Pietro ha fatto autosvezzamento quindi è sempre stato abituato a mangiare di tutto, ma a Cuba ha scoperto un suo grande amore: il mango!
Ho perso il conto di quanta frutta sia riuscito a mangiare.
Questo è stato anche il primo viaggio che come coppia abbiamo condiviso con altre persone, due persone che fanno parte della mia vita da molti anni e con cui ho già fatto altre vacanze. Viaggiare non è come andare in spiaggia per una settimana, le incognite sono sempre tante perché possono sopraggiungere stanchezza, difficoltà e incomprensioni. Nel tragitto non sono mancate, ma tutto si è sempre risolto con semplicità davanti a un fresco succo di mango. Ci siamo mossi in squadra e il nostro collante è stato Pietro, la piccola mascotte che la mattina ci svegliava con i suoi abbracci e le sue urla. “Iaia e baby” sono entrate a fare parte del suo mondo e tutti siamo pronti a ripartire per una nuova avventura.
Ilaria Leo